Oggetto: Mense di servizio per il personale della Polizia di Stato. Osservazioni.

Signora Direttore,

in riscontro a codesta nota n. 557/RS/555/RS/01/74/2 del 5 luglio scorso, in allegato alla quale, «Di seguito a precedenti incontri finalizzati all’esame delle più frequenti problematiche in materia di mense di servizio» ci è stata trasmessa «la terza bozza di circolare» elaborata dalla Direzione centrale per i servizi di ragioneria la quale conterrebbe «disposizioni che assicurerebbero, per le fattispecie trattate, uniformità e parità di trattamento sull’intero territorio nazionale», in vista di «un prossimo incontro» in cui – chiediamo e sollecitiamo a brevissima scadenza – «poter esaminare … un testo condiviso», si comunicano di seguito, come richiesto, le nostre osservazioni ed i nostri contributi.

1. Premessa normativa, diritti negati ed eventuale necessità di ulteriori appositi stanziamenti.

Come noto la materia è regolata da una fonte normativa di rango primario – la legge 18 maggio 1989, n. 203 «Nuove disposizioni per i servizi di mensa delle forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121» – rispetto alla quale l’Amministrazione della pubblica sicurezza può e deve emanare – ad esempio tramite decreti e circolari – tutte le disposizioni applicative o esplicative idonee ad assicurare uniformità e parità di trattamento sull’intero territorio nazionale, naturalmente nello stretto rispetto dei limiti imposti – in base al noto principio della gerarchia delle fonti del diritto – dal tenore letterale della norma e dalla volontà del Legislatore che da esso traspare.

È parimenti noto che l’art. 1, co. 1, legge 203/1989 stabilisce al riguardo che «Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni di legge o di regolamento, il Ministro dell’interno è autorizzato a disporre, con propri decreti, nei limiti degli stanziamenti iscritti nei competenti capitoli, la costituzione di mense obbligatorie di servizio per il personale della Polizia di Stato» che si trova in alcune situazioni di impiego e ambientali che vengono poi elencate in dettaglio: prima di entrare nel merito di queste ultime appare indispensabile soffermarsi proprio sulla normativa, che innanzitutto fa riferimento a tutte le Forze di polizia – militari o militarmente organizzate – elencate all’art. 16, l. 121/1981.

Il secondo ed ultimo comma del citato art. 1 dispone poi che «Per le mense costituite nelle situazioni di impiego e ambientali di cui al comma 1, si applica il trattamento previsto dal primo comma dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 1950, n. 807», recante la «Soppressione della razione viveri individuale del personale militare e di quello appartenente ai Corpi militarmente organizzati e regolamentazione del trattamento vitto delle mense obbligatorie di servizio»

Nel richiamato primo comma dell’art. 3, si dispone che «alle mense obbligatorie di servizio compete, per ciascuno dei partecipanti effettivamente presenti, il controvalore della razione viveri» – che quel provvedimento sopprime – e che «Per il personale che consumi nella giornata un solo pasto, viene corrisposto alle mense la metà del controvalore di cui sopra».

Dal combinato disposto sopra richiamato appare pertanto evidente che le mense obbligatorie di servizio sono state istituite per erogare a chi «convive a vitto» entrambi i principali pasti giornalieri ordinari, tant’è che esse devono ricevere ogni giorno dall’Amministrazione il controvalore della (soppressa) razione viveri giornaliera, con l’unica eccezione rappresentata dal caso in cui l’avente diritto, in concreto, per i più svariati motivi che non interessa qui approfondire, consumi un solo pasto.

È appena il caso di notare che l’art. 10, legge 807/1950 – cui fa quindi riferimento nel 1989 la volontà del Legislatore che approva la legge 203 – prevede che lo stanziamento specificamente destinato al Ministero dell’interno è superiore a quello assegnato all’intero Ministero della difesa, che notoriamente comprende, oltre all’Arma dei carabinieri, le altre Forze armate.

Qualora, dunque, codesto Dipartimento avesse riscontrato che gli stanziamenti disponibili per erogare quanto spetta agli appartenenti alla Polizia di Stato sulla base delle disposizioni normative di rango primario risultassero insufficienti – magari perché i poliziotti effettivamente in servizio nel 2018, nonostante le drastiche riduzioni del turn-over, sono comunque circa 20.000 più del 1989 – la soluzione non può e non deve assolutamente consistere nel tentare di continuare a comprimere i diritti dei poliziotti, ma deve anzi consistere nel rivolgersi al superiore livello politico per chiedere ed ottenere risorse adeguate a far fronte agli obblighi statuiti dalla norma primaria.

2. Diritto al vitto previsto per i poliziotti dalla legge 203/1989.

Dopo i numerosi incontri tenutisi pensavamo che quanto ribadito in premessa fosse ormai chiaro ma, leggendo la terza bozza, ci accorgiamo che, nella sostanza, nulla è mutato e, per dimostrarlo, basterà riepilogare brevemente le fattispecie che – PER LEGGE – garantiscono ai poliziotti la «convivenza a mensa» e quindi la fruizione a titolo gratuito del VITTO, non del pasto, a meno che non vi siano espliciti riferimenti in tal senso. Le fattispecie, come noto, sono le seguenti:

  • a) personale impiegato in servizi di ordine e sicurezza pubblica o di soccorso pubblico in reparto
    organico o a questo aggregato, ovvero impiegato in speciali servizi operativi, durante la permanenza nel servizio;
  • b) personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio;
  • c) personale impiegato in servizi di istituto in località di preminente interesse operativo ed in situazioni di grave disagio ambientale;
  • d) personale alloggiato collettivamente in caserma o per il quale l’alloggio collettivo in caserma è specificamente richiesto ai fini della disponibilità per l’impiego.

L’interpretazione della norma è stata corretta fino alla metà degli anni ’90 mentre poi, in funzione dell’incremento delle unità di personale aventi diritto, anziché assegnare sui competenti capitoli di spesa le risorse necessarie, si è preferito adottare interpretazioni restrittive ed illegittime, come dimostrerà l’analisi delle modifiche apportate nel tempo all’applicazione di ciascuno dei punti sopra elencati e uno degli esempi più lampanti è proprio l’ultimo di questi, contraddistinto dalla lettera d).

3. Diritto al vitto – sempre entrambi i pasti – per il personale alloggiato in caserma (lett. d).

Dal tenore letterale della norma si evince senza ombra di dubbio che si tratta di un diritto assoluto al VITTO – quindi ad entrambi i pasti giornalieri – in quanto del tutto svincolato dalla tipologia del servizio e dal turno effettuato, legato unicamente alla fruizione dell’alloggio collettivo.

Attesta quanto sopra la circolare 30 giugno 1994, n. 750.C.1.5694 firmata, a riprova della delicatezza e dell’importanza della materia de quo, dall’allora Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza prefetto Vincenzo Parisi, nella cui pagina 3 si legge testualmente che «sarà consentita la fruizione gratuita dei pasti (plurale, n.d.r.) al personale comunque alloggiato in caserma».

Negli anni successivi, al sol fine di risparmiare – di fatto sulla pelle dei poliziotti – in maniera del tutto arbitraria – e quindi illegittima – al personale alloggiato non solo non è più stato garantito il diritto ad entrambi i pasti spettante, in base alla norma, per il sol fatto di essere alloggiato, ma addirittura questa condizione di disagio è stata poi utilizzata come pretesto per negare anche il diritto ad un singolo pasto nei casi previsti dalla lettera b), come vedremo al punto successivo.

4. Diritto al vitto – anche entrambi i pasti – per personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio (lett. b).

Anche per questa fattispecie il prefetto Parisi era stato chiarissimo: «per stabilire un univoco criterio applicativo della generica previsione normativa, il presupposto di legge per la consumazione del vitto (quindi anche entrambi i pasti, n.d.r.) presso una mensa dell’Amministrazione non ricorre se, fatte salve le esigenze di servizio, la consumazione dei pasti presso il proprio domicilio risulti oggettivamente possibile in orari compresi tra le 12 e le 15 e tra le 19 e le 21».

Nessun riferimento né agli alloggiati, i quali per definizione non possono raggiungere il proprio domicilio per la consumazione dei pasti in quanto in tal caso non avrebbero diritto all’alloggio collettivo di servizio, né all’unicità del pasto, facendosi infatti riferimento ancora una volta al vitto

Pertanto chiunque sia impiegato in attività di servizio in maniera tale da non potersi oggettivamente («tenendo conto della distanza tra il luogo di servizio ed il domicilio, avendo riguardo delle specifiche situazioni locali quali l’estensione del centro urbano, la situazione del traffico, nonché la disponibilità ed i tempi di percorrenza dei mezzi di trasporto pubblico» – cfr. Parisi 1994) recare a consumare il pasto presso il domicilio tra le 12 e le 15 e tra le 19 e le 21 ha diritto almeno alla fruizione gratuita del primo ordinario se l’impossibilità si verifica tra le 12 e le 15, almeno alla fruizione gratuita del secondo ordinario se l’impossibilità si verifica tra le 19 e le 21, ad entrambi i pasti se l’impossibilità si verifica sia tra le 12 e le 15 che tra le 19 e le 21.

Il diritto a ciascuno dei due pasti anche cumulativi sussiste inoltre anche quando il servizio si protrae per almeno un’ora oltre le 14 o le 19 e nei casi in cui l’espletamento delle attività preveda «un intervallo tale da non consentire al dipendente la consumazione del pasto presso il proprio domicilio» (cfr. circ. 24 aprile 1995, n. 750.C.1.2362, sempre a firma del compianto prefetto Parisi).

5. Diritto al vitto – sempre entrambi i pasti – per il personale impiegato in servizi di istituto in località di preminente interesse operativo ed in situazioni di grave disagio ambientale (lett. c).

Così come per il personale di cui al punto b) e diversamente da quanto accade per il personale di cui ai punti a) e d) in questa ipotesi non si fa alcun riferimento all’inizio, alla durata ed alla fine del servizio, alla permanenza sul luogo ove si svolge o alla concreta possibilità di recarsi presso il proprio domicilio per la consumazione dei pasti e quindi, anche in questo caso, appare evidente quale sia la volontà del legislatore: per chi presta servizio in sedi disagiate il diritto è assoluto, riguarda il vitto nel suo complesso – non i singoli pasti – e prescinde dal turno e dalla tipologia di servizio effettuato.

6. Diritto al vitto – anche entrambi i pasti – per il personale impiegato in servizi di ordine e sicurezza pubblica o di soccorso pubblico in reparto organico o a questo aggregato, ovvero impiegato in speciali servizi operativi, durante la permanenza nel servizio (lettera a).

Nella citata circolare Parisi del 1995 si legge che «l’espressione “durante la permanenza in servizio”, va riferita al periodo intercorrente tra l’inizio del servizio, concomitante con l’adunata (quando prevista) preordinata alla partenza dal reparto, ed il rientro in sede al termine del servizio medesimo, tenendo comunque presente la necessità di rispettare i tempi fisiologicamente destinati alla consumazione dei pasti» e cioè a dire, come si è visto sopra, «tra le 12 e le 15 e tra le 19 e le 21»: questo riferimento agli orari fisiologici dei pasti non può certo mancare nel 2018!

7. Il diritto a fruire di uno o più pasti gratuiti nell’ambito della stessa giornata equivale, in caso di assenza di servizio mensa o di oggettiva impossibilità ad avvalersene, al diritto a ricevere altrettanti ticket-restaurant elettronici del valore di euro 7,00 cadauno.

Premessa l’elencazione dei casi in cui al lavoratore della Polizia di stato va riconosciuto il diritto (un diritto non può essere concesso) alla fruizione del vitto o dei pasti gratuiti, affrontiamo punto per punto e nel merito la terza bozza di circolare, evidenziando anche dove deve essere cambiata per uniformarsi essa stessa alla legge prima ancora che rendere uniforme l’applicazione sul territorio nazionale.

Va però fatta una ulteriore premessa: la possibilità di erogare buoni pasto da spendere presso esercizi convenzionati, i cosiddetti ticket-restaurant, è stata introdotta dall’art. 35 del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 254 recante il «Recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999» che testualmente recita: «Qualora ricorrano le condizioni previste dall’articolo 2, comma 1, della legge 18 maggio, 1989, n. 203, nelle fattispecie disciplinate dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della stessa legge, allorché si provvede ricorrendo ad esercizi privati… Le Amministrazioni, nelle condizioni previste dal comma precedente, possono anche provvedere tramite la concessione di un buono-pasto giornaliero dell’importo di lire 9.000».

Il diritto a fruire di due pasti al giorno, come previsto e disciplinato dalla legge dello Stato, non può essere affievolito dall’aggettivo “giornaliero” introdotto in una norma di rango inferiore ancorché a carattere pattizio – in quanto recettiva di un accordo tra la parte pubblica e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale – che, pertanto, non può essere interpretata in maniera unilaterale, ma solo sulla base di ulteriori ed espliciti accordi sottoscritti dalle parti: a riprova di ciò altre Forze di polizia erogano tranquillamente due buoni pasto al giorno se ricorrono le condizioni previste dalla legge 203/1989.

Pertanto, nel caso in cui, ad esempio, si effettui un turno 13/19 – a prescindere dal fatto, del tutto irrilevante, che ciò avvenga o meno nell’ambito di una turnazione continuativa – e che quest’ultimo, per esigenze di servizio, si prolunghi ad esempio fino alle ore 21.00, spetteranno entrambi i pasti ordinari da consumarsi presso la mensa o, sempre gratuitamente, con una delle modalità alternative previste.

Pertanto, qualora la mensa non fosse presente, ma anche nel caso in cui, sia pure presente, di essa non fosse possibile avvalersi in specifiche circostanze – anche in relazione agli orari di apertura ovvero alle dimensioni ed attrezzature, ovvero per la distanza intercorrente con i vari uffici presenti in provincia – qualora ricorrano le ipotesi di cui all’art. 1, legge 203/1989, i pasti andranno somministrati tramite convenzioni con esercizi privati, pasto veicolato oppure tramite ticket-restaurant.

In tale contesto innanzitutto NON è accettabile leggere che l’importo medio delle convenzioni con esercizi privati sarebbe oggi di euro 9,00 mentre in un recente passato – quando l’Amministrazione, al sol fine di risparmiare e non certo a favore dei poliziotti, si stava impegnando ad estendere l’utilizzo del ticket alle sedi disagiate ci era stato indicato in euro 10,00.

Ma non è che per caso la diminuzione dell’importo è in qualche modo connessa alla sottoscrizione di convenzioni che non prevedano la necessaria quantità e qualità di cibo? La circolare deve assolutamente specificare che quantità, qualità e scelta pietanze erogati dai privati in convenzione devono tassativamente rispettare gli standard previsti per le mense, dovendo essere oggetto di costanti ed accurati controlli.

Inoltre altrettanto inaccettabile è il fatto che non si provveda ad uniformare ad euro 7,00 il valore del ticket erogato per assolvere ad un obbligo che in caso contrario costerebbe mediamente euro 9,00 – se non 10,00 – e che si preveda ancora un’alternativa cartacea che comporta una sensibile penalizzazione fiscale per il poliziotto che se la vede attribuire (NON concedere) al posto del ticket elettronico previsto dalla vigente normativa.

Come noto, infatti, solo i ticket elettronici sono completamente esentasse fino al valore di 7,00 euro mentre quelli cartacei, nella parte eccedente i 5,29 euro contribuiscono ad elevare la base imponibile e quindi vengono tassati ad aliquota massima.

Pertanto non possiamo accettare che l’approvvigionamento di questa tipologia di ticket venga, dalla terza bozza di circolare, indicata alle prefetture come una delle alternative: risultando quella elettronico l’unica modalità idonea a salvaguardare i redditi dei poliziotti, la circolare deve disporre alle prefetture di approvvigionarsi unicamente di ticket elettronici, senza se e senza ma.

Inconcepibile, in questo quadro e prima che vengano riconosciuti tutti i diritti sopra esposti, innalzare la quota a carico del poliziotto nel caso in cui si serva della mensa al difuori delle ipotesi in cui ne è prevista la fruizione a titolo gratuito..

Ancora: da tempo il cosiddetto sacchetto viveri non è più previsto dagli accordi in vigore, mentre si ritorna a parlarne in alternativa al pasto veicolato, unica accettabile alternativa alla mensa di servizio o alla convenzione con esercizi privati per la consumazione del pasto durante i servizi di ordine pubblico a condizione che vengano rispettati gli standard richiamati per queste ultime e sia altresì garantita la possibilità di consumazione in condizioni dignitose e, si ribadisce, tra le 12.00 e le 15.00 e tra le 19.00 e le 21.00, con l’erogazione di entrambi i pasti qualora il servizio si estenda dalle 12.00 alle 21.00.

Per ciò che attiene infine i “generi di conforto”, che tante problematiche hanno causato in passato e tutt’ora causano in talune realtà territoriali, per prevenire la possibilità che queste possano continuare a verificarsi anche se – appunto – solo in alcune realtà territoriali, la circolare dovrà essere molto più chiara anche rispetto alle precedenti disposizioni nel disporre in maniera tassativa ed inderogabile che la relativa somministrazione dovrà avvenire esclusivamente facendo ricorso alle convenzioni Consip attive, analogamente a quanto accade per i buoni pasto erogati in sostituzione della mensa obbligatoria di servizio.

In attesa di un cortese cenno di riscontro e della tempestiva fissazione dell’incontro inviamo i nostri più cordiali saluti.

La lettera