Avrebbero tra i 25 e i 30 anni, con un lavoro e molto attivi sul web. Al setaccio le zone di Roma dove sono radicati e Anzio, Ostia, Tivoli, Frascati

 

ROMA – Dal litorale all’hinterland, dal centro – stazione Termini ed Esquilino – alla periferia. Quella dove le comunità straniere sono radicate da decenni e dove i figli degli immigrati degli anni Ottanta-Novanta sono italiani – romani – a tutti gli effetti. Un’ampia fetta di territorio monitorata dalle forze dell’ordine per prevenire qualsiasi genere di infiltrazione estremista dove i «cani sciolti», i «lupi solitari» di ritorno dal fronte siriano possano trovare terreno fertile per eventuali azioni. Cittadine, ma anche quartieri in passato già al centro di operazioni antiterrorismo, come quelle del 2005 che consentirono alla polizia di smantellare fra Tor Pignattara e via Volturno, a due passi da Termini, la rete di appoggi sui quali poteva contare uno dei componenti del commando che tentò di far saltare la metropolitana di Londra.

 

La rete jihadista

Sono passati dieci anni, e l’allarme da allora non è mai cessato. Adesso è più forte che mai: proprio ieri l’intelligence avrebbe individuato in tutta Italia un centinaio di nominativi di magrebini, anch’essi di seconda generazione, di 25-30 anni, molto attivi sul web, sospettati di essere in qualche modo collegati alla rete jihadista. Non si esclude che un certo numero di questi giovani, forse una ventina, possano trovarsi nel Lazio, Roma compresa. Non si tratterebbe di disoccupati, ma di studenti o lavoratori, perfettamente integrati. Insospettabili, insomma. Il livello di attenzione e il riserbo degli investigatori è massimo. Roma è enorme e, compresi litorale e Castelli, è abitata da quasi cinque milioni di persone. Una metropoli dove gli obiettivi da controllare sono moltissimi, 500 soltanto quelli più in vista.

 

Le zone sorvegliate

Ma il timore è quello di sempre, che i «lupi solitari» possano agire in un momento qualsiasi. Dovunque, anche in posti lontani da quelli supersorvegliati. Ad accrescere la preoccupazione la notizia, anch’essa di ieri, che due dei fiancheggiatori della cellula annientata dalla polizia in Belgio, si stavano avvicinando dalla Francia al confine italiano. Era Roma la loro destinazione? Non è chiaro, ma solo l’ipotesi mette paura. E proprio per questo nulla viene lasciato al caso, nemmeno gli episodi di malavita. Compresa la segnalazione di un’auto sospetta, con targa diplomatica francese rubata a Parigi, anche se le forze dell’ordine non confermano che sia mai giunta a Roma. Le zone considerate da sempre calde sul fronte della prevenzione antiterrorismo sono tante: dai grandi centri fuori Roma (Anzio, Ostia, Tivoli, Frascati), ai quartieri più popolari.

 

Il simpatizzante

Ma ci sono anche i luoghi – Morena, San Basilio e Infernetto – dove soltanto nel novembre scorso la polizia ha incrociato, catturato e perquisito un sospetto simpatizzante dell’estremismo islamico, il tunisino Saber Hmidi, accusato di tentato omicidio per aver puntato una pistola in testa a un agente. Allora un altro giovane che si trovava con lui riuscì a fuggire. In questo quadro preoccupante si inserisce la polemica per la restituzione, a livello nazionale, dei giubbotti antiproiettile dei poliziotti perché scaduti. Fra le «vittime» gli agenti della squadra Laser di Fiumicino, incaricati della sicurezza dei voli «sensibili». «Ce l’hanno solo in 12 su 30 e i sottocamicia – più leggeri – non sono stati consegnati», denunciano Valter Mazzetti e Alessandro Lombardi, segretari generale e provinciale dell’Ugl Polizia di Stato.

 

Leggi l’articolo dal Corriere della Sera