Oggetto: appunto contenente un’ipotesi di circolare interpretativa dell’art. 35, dPR 164/2002. – Osservazioni.

In via assolutamente preliminare e tutt’altro che esaustiva anticipiamo alcune osservazioni rispetto ai contenuti dell’appunto che sintetizza le intenzioni di codesto Dipartimento, che parrebbe determinato a diramare una circolare mediante la quale interpreterebbe l’art. 35, dPR 164/2002 in maniera innovativa rispetto a quanto avvenuto finora.

Occorre quindi innanzitutto sottolineare che, come noto, le circolari sono atti esclusivamente interni della pubblica amministrazione, diramate ai vari livelli di responsabilità per indirizzare in modo uniforme l’attività degli organi inferiori e, pertanto, non possono e non devono avere efficacia vincolante per i terzi né, men che meno, modificativa dell’impianto normativo di rango superiore.

Nel merito premettiamo altresì che, fatta eccezione per i casi di fusione ed incorporazione, in seno alle aggregazioni di organizzazioni sindacali comunque denominate ciascuna componente mantiene la propria indipendenza ed opera in qualità di autonomo soggetto giuridico, conservando quindi la titolarità dei diritti inerenti agli istituti fondamentali della legge 121/1981 e l’autonomia gestionale sotto ogni profilo, che rimangono in capo alle singole organizzazioni sindacali.

Venendo quindi al contenuto dell’appunto, vi si afferma correttamente che il citato art. 35 «ha fatto emergere nel tempo alcuni problemi interpretativi»: infatti, nel tempo, quei problemi sono stati già risolti dal Consiglio di Stato in risposta a specifici quesito inviatigli proprio dal Dipartimento.

Ci domandiamo quindi come mai nello scritto pervenutoci ci siano conclusioni di segno diametralmente opposto a quelle cui è giunto l’Alto Consesso proprio con riferimento ad alcuni degli aspetti maggiormente delicati e qualificanti, su cui, peraltro, si era già ripetutamente espressa anche la Giustizia civile, compresa la suprema Corte di Cassazione, contraddicendo anch’essa le interpretazioni che oggi l’Amministrazione incomprensibilmente pare ipotizzare.

Nell’appunto si afferma ad esempio che, «Nel momento in cui le organizzazioni sindacali danno vita ad una aggregazione associativa comunque denominata, le deleghe degli iscritti della sigla affiliata devono essere rinnovate in favore del nuovo soggetto sindacale»: ma il CdS, con parere n. 74/2010, ha invece stabilito esattamente il contrario, cioè che ai vertici di ciascun sindacato che di federa «deve essere riconosciuto anche il potere di attribuire le deleghe … che entrano a far parte, con effetto immediato, del patrimonio del soggetto aggregante, la cui rappresentatività va, quindi, valutata, già al momento della costituzione, sulla base della sommatoria delle deleghe stesse».

Più specificamente l’Alto consesso ha spiegato la piena legittimità di una federazione «costituita con “atto di vertice”»: una modalità sulla quale il Consiglio di Stato si era già espresso con parere n. 4569/2003 del 7 aprile 2003, altresì citato nel richiamato parere 74/2010.

L’appunto afferma inoltre che «È fatta salva la facoltà della sigla componente di recedere dalla federazione ed, eventualmente, sottoscrivere un nuovo patto affiliativo» aggiungendo però che «in tal caso, atteso che le deleghe sono imputate al codice unico di federazione, la sigla interessata dovrà dare adeguata pubblicità alla propria volontà, in modo da consentire agli iscritti di effettuare l’eventuale revoca entro il 31 ottobre e presentare entro il 31 dicembre la delega nel codice unico della nuova aggregazione».

Su parte di questo punto nulla quæstio, ma è incomprensibile il motivo per cui si prosegue affermando che «Resta fermo che la delega, ove non revocata dall’interessato, si intende tacitamente rinnovata in favore della federazione dalla quale l’O.S. di appartenenza ha receduto».

L’incredulità nasce dal fatto che, anche su questo aspetto, l’Alto Consesso, interpellato sempre dal Dipartimento della pubblica sicurezza, ha già affermato chiaramente l’esatto contrario con parere n. 895/2002, dove spiega che, essendo quella sindacale un’associazione: «… di tendenza su base ideologica, la normativa applicabile deve correttamente e legittimamente integrarsi con i principi costituzionali in materia relativi alla piena libertà di associazione (che, come è noto, comprende anche la libertà di dissociarsi proprio per motivi di divergenza ideologica). In tal senso si è espressa la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Sez. 1 civile, sentenza n. 4244 del 14 maggio 1997) con la quale si è appunto affermato che, nei casi di associazione di tendenza su base ideologica (come può essere un’associazione sindacale), prevale il diritto “costituzionalmente garantito ed assolutamente non comprimibile ex artt. 2 e 21 Cost., di manifestare le proprie opinioni e di autodeterminarsi in ordine ad esse”, con la ulteriore conseguenza che, nella fattispecie, “…è ben ipotizzabile un recesso ad effetto immediato che, nella logica dell’art. 24 c.c., rientrerebbe come giusta causa di recesso”».

Con un’emergenza Covid-19 ancora in corso, almeno fino al 15 ottobre prossimo e a ridosso di Ferragosto, ci si parla della “prima applicazione” di un provvedimento di cui non si conoscono né la forma, né le argomentazioni giuridiche – risultando del tutto inconferente ciò che già farebbe qualche altra amministrazione – che interverrebbe con una inusitata modalità d’urgenza su una norma approvata oltre 18 anni fa dandosi come termine il 30 settembre: non possiamo esimerci da osservare come tale tempistica renderebbe nei fatti impossibile una preventiva ed efficace tutela delle proprie ragioni in sede giurisdizionale, non risultando conforme ai principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento che devono permeare l’operato di tutta la pubblica amministrazione, a maggior ragione se si tratta di quella cui sono assegnate le più importanti funzioni di vigilanza e controllo sulle altre.

Nel tornare quindi a richiamare l’attenzione sulla giurisprudenza consolidatasi presso la suprema Corte di Cassazione con riferimento anche al dettato costituzionale, diffidiamo quindi formalmente codesta Amministrazione a desistere da propositi palesemente contrari all’interpretazione della normativa vigente già più volte fornita dal Consiglio di Stato con chiarissimi pareri che la medesima Amministrazione aveva richiesto, la cui attuazione potrebbe cagionare danni gravissimi ed irreparabili a questa Federazione nel suo complesso, nonché a tutte le singole componenti, soggetti di diritto indipendenti e legittimati ad agire anche autonomamente.

Distinti saluti.