Basta giocare con la vita e il sangue dei poliziotti

Editoriale di Valter Mazzetti

Si susseguono inesorabili, da Nord a Sud, casi di aggressioni violente ai danni dei poliziotti impegnati a svolgere i più disparati servizi. Si susseguono gli ottimi risultati, ma anche i ferimenti e i sacrifici dei colleghi che vigilano sulle ferie degli italiani mentre il momento storico è dei più complessi.

E però si susseguono, purtroppo, anche le continue becere contestazioni nei confronti dell’operato dei colleghi, che in un modo o nell’altro non fanno altro che tenere fede al proprio dovere, al proprio servizio, che gli impone di raggiungere un determinato risultato. Circostanze anche simili, che magari si concludono in maniera apparentemente diversa, scatenano ora il solito inutile plauso e i cori di solidarietà, e ora il solito altrettanto inutile massacro politico mediatico, il biasimo, le critiche feroci di soggetti totalmente ignoranti in materia che si ergono ad esperti della sicurezza, e persino gli azzardati giudizi di chi, ricoprendo un determinato ruolo istituzionale, dovrebbe ben comprendere il peso specifico delle proprie parole e insegnare, all’opinione pubblica in primis, che di fronte a certe faccende come minimo è necessario attendere silenziosamente tutti i passaggi formali prima di sbilanciarsi in avventati commenti.

Da un poliziotto si pretende che raggiunga un risultato, qualsiasi siano le circostanze in cui si viene a trovare. Un risultato difficile da portare a casa, che nessun altro saprebbe portare a casa, eppure il più delle volte gli si contesta il modo in cui lo fa, pur se tutto, nei fatti, è lasciato alla sua capacità di arrangiarsi.

Ogni intervento che un poliziotto affronta ha in sé delle variabili, dei fattori imprevedibili e dei rischi che non consentono di stabilire a priori cosa potrà accadere, né come andrà a finire. Ecco perché anche solo pensare di poter giudicare l’operato di un agente in qualità di spettatori che si limitano a considerare il risultato finale è da sciocchi, oltre che da presuntuosi, e da irresponsabili considerato che è con la professionalità di un Servitore dello Stato che si gioca.

Intervenire si deve, ma senza alzare la voce. Fermare un soggetto violento si deve, ma con gentilezza. Vigilare sulle piazze si deve, ma senza reagire se volano le bombe carta. Fermare e arrestare un soggetto pericoloso si deve, usando la forza sì, ma un ‘tantinello’, sorridendo al passante che riprende col telefonino mentre si schivano le coltellate.

Ma basta con queste ambiguità.

Tutto questo non è più sopportabile.

La verità nuda e cruda è che sarebbe ora di farla finita con atteggiamenti di falso buonismo che nascondono la totale incapacità di insegnare il rispetto delle regole e, in realtà, portano solo a scatenare avversione contro chi indossa una divisa e fa il proprio dovere.

A svegliarsi deve essere in primis la classe politica con norme chiare, inequivocabili e dirette a riaffermare che chi non rispetta la legge, chiunque esso sia, è un soggetto che delinque e come tale deve essere fermato e perseguito legalmente. Ma invece sembra proprio che dalle istituzioni non ci sia più alcun rispetto per chi è chiamato, suo malgrado, a doversi “sporcare le mani” professionalmente parlando.

È troppo comodo fare i soloni e gli esperti di come si deve affrontare un corpo a corpo stando comodi sulle proprie poltrone in pelle, come se uno che si rifiuta di obbedire a un ordine legittimamente impartito sia l’innocuo personaggio di videogioco… Con il joystick in mano sono tutti esperti di psicologia da strada e delle più elevate arti di difesa personale, ma quando si interviene nella realtà, tutto è diverso.

Venga ribadito con fermezza che chi non rispetta un legittimo ordine dato sta delinquendo e gli agenti sono obbligati, volenti o nolenti, se non ascoltati, a fare uso della forza fisica. O altrimenti, si abbia il coraggio e l’onestà di dire che se qualcuno si rifiuta di obbedire ad un ordine (legittimamente dato) lo si può lasciar fare, con buona pace della gente per bene e degli stessi operatori che, almeno, potranno dormire sonni tranquilli senza il rischio che il loro operato non piaccia a qualche anima bella di Stato che vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca.