D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737

Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti.

 

 

Titolo I – DISCIPLINA

 

Capo I – Principi fondamentali

 

Art. 1. – Sanzioni disciplinari.

L’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza che viola i

doveri specifici e generici del servizio e della disciplina indicati dalla legge, dai

regolamenti o conseguenti alla emanazione di un ordine, qualora i fatti non

costituiscano reato, commette infrazione disciplinare ed è soggetto alle seguenti

sanzioni:

1) richiamo orale;

2) richiamo scritto;

3) pena pecuniaria;

4) deplorazione;

5) sospensione dal servizio;

6) destituzione.

Le predette sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l’Amministrazione o per il servizio.

Il provvedimento che infligge la sanzione deve essere motivato.

 

Art. 2. – Richiamo orale.

Il richiamo orale consiste in un ammonimento con cui vengono punite lievi mancanze non abituali o omissioni di lieve entità causate da negligenza o da scarsa cura della persona o dell’aspetto esteriore.

Può essere inflitto da qualsiasi superiore senza obbligo di rapporto.

 

Art. 3. – Richiamo scritto.

Il richiamo scritto è una dichiarazione di biasimo con la quale vengono punite:

1) la reiterazione in lievi mancanze;

2) la negligenza in servizio;

3) la mancanza di correttezza nel comportamento;

4) il disordine nella divisa o l’uso promiscuo di capi di vestiario della divisa con altri non pertinenti alla stessa;

5) il pernottamento senza autorizzazione fuori della caserma o dell’alloggio collettivo di servizio;

6) il contegno comunque scorretto verso superiori, pari qualifica, dipendenti, pubblico. é inflitto, per iscritto, dal capo ufficio o dal comandante del reparto dal quale il trasgressore gerarchicamente dipende. Ai capi degli uffici o ai comandanti di reparto è inflitto dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza.

 

Art. 4. – Pena pecuniaria.

La pena pecuniaria consiste nella riduzione in misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.

Con tale sanzione vengono punite le seguenti infrazioni:

1) la recidiva in una mancanza punibile con il richiamo scritto;

2) l’esercizio occasionale di commercio o di mestiere incompatibile;

3) il mantenimento, al di fuori di esigenze di servizio, di relazioni con persone che notoriamente non godono in pubblico estimazione o la frequenza di locali o compagnie non confacenti al proprio stato;

4) il contrarre debiti senza onorarli, ovvero contrarne con dipendenti o con persone pregiudicate o sospette di reato; 5) l’allontanamento dalla sede di servizio da uno a cinque giorni senza autorizzazione; 6) l’abituale negligenza nell’apprendimento delle norme e delle nozioni che concorrono alla formazione professionale;

7) l’inosservanza dell’obbligo di mantenere la permanenza o la reperibilità;

8) la manifesta negligenza nel prendere visione dell’ordine di servizio;

9) l’omessa o ritardata presentazione in servizio sino a un massimo di 48 ore;

10) la grave negligenza in servizio;

11) il ritardo o la negligenza nell’esecuzione di un ordine;

12) l’irregolarità nell’ordine di trattazione degli affari;

13) l’inosservanza del dovere di informare immediatamente i superiori della ricezione di un ordine la cui esecuzione costituisce manifestamente reato;

14) l’inosservanza delle norme di comportamento politico fissate per gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza;

15) l’inosservanza delle norme che regolano i diritti sindacali degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza;

16) l’emanazione di un ordine non attinente al servizio o alla disciplina o eccedente i compiti d’istituto o lesivo della dignità personale;

17) l’omissione o l’imprecisione nell’emanazione di ordini o di disposizioni di servizio;

18) qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente

preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza. Agli allievi degli istituti di istruzione, in luogo della pena pecuniaria, può essere applicata, ove le circostanze lo consiglino, la consegna in istituto per un periodo non superiore a cinque giorni.

Il consegnato non può uscire dall’istituto se non per disimpegnare il proprio servizio, dal quale non è esonerato.

La pena pecuniaria è inflitta agli appartenenti alle qualifiche dirigenziali o direttive dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza. Al personale dei restanti ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza in servizio presso il dipartimento della pubblica sicurezza: dal direttore del servizio; al personale dei restanti ruoli in servizio presso le questure e uffici dipendenti: dal questore; al personale in servizio ai commissariati di pubblica sicurezza presso i compartimenti delle ferrovie dello Stato e delle poste e telecomunicazioni, alle zone di frontiera terrestre, agli uffici di pubblica sicurezza di frontiera marittima e aerea, agli uffici compartimentali di polizia stradale ed agli istituti di istruzione: dai rispettivi dirigenti; al personale in servizio presso i reparti mobili: dal comandante del reparto; al personale in servizio presso ogni altro ufficio non compreso tra quelli indicati; dal funzionario preposto all’ufficio.

 

Art. 5. – Deplorazione.

La deplorazione è una dichiarazione scritta di formale riprovazione, con la quale

vengono punite:

1) le abituali o gravi negligenze nell’adempimento dei propri doveri;

2) le persistenti trasgressioni già punite con sanzioni di minore gravità;

3) le gravi

mancanze attinenti alla disciplina o alle norme di contegno;

4) le mancanze gravemente lesive della dignità delle funzioni;

5) gli atti diretti ad impedire o limitare l’esercizio dei diritti politici o sindacali o del mandato di difensore o di componente di un organo collegiale previsto dalle norme sulla Polizia di Stato;

6) la negligenza nel governo o nella cura delle condizioni di vita e di benessere del personale o nel controllo sul comportamento disciplinare dei dipendenti;

7) la negligenza o l’imprudenza o la inosservanza delle disposizioni sull’impiego del personale e dei mezzi o nell’uso, nella custodia o nella conservazione di armi, esplosivi, mezzi, materiali, infrastrutture, carteggio e documenti. Essa comporta il ritardo di un anno nell’aumento periodico dello stipendio o nell’attribuzione della classe di stipendio superiore, a decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata. La deplorazione può essere inflitta anche in aggiunta alla pena pecuniaria in relazione alla gravità della mancanza e alla personalità del responsabile.

La deplorazione è inflitta dagli stessi organi di cui all’art. 4.

 

Art. 6. – Sospensione dal servizio.

La sospensione dal servizio consiste nell’allontanamento dal servizio per un periodo da uno a sei mesi, con la privazione della retribuzione mensile, salva la concessione di un assegno alimentare di importo pari alla metà dello stipendio e degli altri eventuali emolumenti valutabili a tal fine a norma delle disposizioni vigenti, oltre gli assegni per carichi di famiglia. Comporta la deduzione dal computo della anzianità di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione servizio nonché il ritardo di due anni nella promozione o nell’aumento periodico dello stipendio o nell’attribuzione di una classe superiore di stipendio con la decorrenza di cui al precedente art. 5.

Tale ritardo è elevato a tre anni se la sospensione dalla qualifica è superiore a quattro mesi.

Può essere inflitta nei seguenti casi:

1) mancanze previste dal precedente art. 4, qualora rivestano carattere di particolare gravità ovvero siano reiterate o abituali;

2) condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo che non comporti gli effetti di cui al successivo art. 8;

3) denigrazione dell’Amministrazione o dei superiori;

4) comportamento che produce turbamento nella regolarità o nella continuità del servizio di istituto; 5) tolleranza di abusi commessi da dipendenti;

6) atti contrari ai doveri derivanti dalla subordinazione;

7) assidua frequenza, senza necessità di servizio ed in maniera da suscitare pubblico scandalo, di persone dedite ad attività immorale o contro il buon costume ovvero di pregiudicati;

8) uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale;

9) allontanamento senza autorizzazione, dalla sede di servizio per un periodo

superiore a cinque giorni;

10) omessa o ritardata presentazione in servizio per un periodo superiore a quarantotto ore e inferiore a cinque giorni o, comunque, nei casi in cui l’omissione o la ritardata presentazione in servizio di cui all’art. 4, n. 10, provochi gravi disservizi ovvero sia reiterata o abituale. La sospensione dal servizio è inflitta con decreto del capo della polizia – direttore generare della pubblica sicurezza, previo giudizio del consiglio centrale di disciplina, qualora trattisi di personale appartenente alle qualifiche dirigenziali e direttive e, previo giudizio del consiglio provinciale di disciplina, per il restante personale.

 

Art. 7. – Destituzione.

La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio.

La destituzione è inflitta:

1) per atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del senso morale;

2) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento;

3) per grave abuso di autorità o di fiducia;

4) per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all’Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati;

5) per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o per istigazione all’insubordinazione; 6) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari;

7) per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria.

La destituzione è inflitta con le stesse modalità previste per la sospensione dal servizio.

 

Art. 8. – Destituzione di diritto.

L’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza incorre nella destituzione di diritto:

a) per condanna passata in giudicato per i delitti contro la personalità dello Stato; per i delitti di peculato, malversazione, concussione, corruzione; per i delitti contro la fede pubblica, escluso quello di cui all’art. 457 del codice penale; per i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume previsti dagli articoli 519, 520, 521 e 537 del codice penale e per i delitti previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa, appropriazione indebita, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, circonvenzione di persone incapaci, usura, ricettazione; per ogni tipo di delitto a fine di eversione; per i delitti previsti dalla legge sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata erogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione;

b) per condanna, passata in giudicato, che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;

c) per applicazione di una misura di sicurezza personale di cui all’art. 215 del codice penale ovvero di una misura di prevenzione prevista dall’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Nei casi contemplati dal precedente art. 7 e dal presente articolo il trattamento di quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in materia. La destituzione di diritto è disposta con decreto del Ministro dell’interno per il personale appartenente alle qualifiche dirigenziali e direttive; con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza per il restante personale.

 

 

Titolo I – DISCIPLINA

 

Capo II – Provvedimenti cautelari.

 

Art. 9. – Sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale.

L’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, sottoposto a procedimento penale per uno dei delitti indicati nel precedente art. 8, ovvero colpito da ordine o mandato di cattura o che si trovi, comunque in stato di carcerazione preventiva, deve essere sospeso dal servizio con provvedimento del capo dell’ufficio dal quale gerarchicamente dipende, che deve, altresì riferire immediatamente alla direzione centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza.

Se l’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza viene sottoposto a procedimento penale per reato diverso da quelli indicati nell’art. 8, quando la natura del reato stesso sia particolarmente grave, può essere sospeso dal servizio con provvedimento del Ministro su rapporto motivato del capo dell’ufficio dal quale dipende. In caso di concessione di libertà provvisoria ovvero di revoca dell’ordine o mandato di cattura o dell’ordine di arresto ovvero di scarcerazione per decorrenza dei termini, ove le circostanze lo consiglino, la sospensione cautelare può essere revocata con effetto dal giorno successivo a quello in cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame del caso quando sul procedimento penale si è formato il giudicato.

I relativi provvedimenti sono adottati dal Ministro su proposta motivata degli organi indicati nel precedente art. 4 per i rispettivi dipendenti.

Se Il procedimento penale è definito con sentenza la quale dichiari che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, la sospensione è revocata a tutti gli effetti.

Quando da un procedimento penale, comunque definito, emergono fatti e circostanze che rendano l’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza passibile di sanzioni disciplinari, questo deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di giorni 120 dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all’Amministrazione.

La sospensione cautelare può essere commutata in sospensione cautelare per motivi disciplinari qualora gli addebiti comportino le sanzioni della sospensione dal servizio o della destituzione.

 

Art. 10. – Rinvio.

La sospensione cautelare per motivi disciplinari, gli effetti sulla progressione in carriera, l’esclusione e l’ammissione agli esami e agli scrutini a seguito della sospensione per motivi disciplinari o penali, il computo della sospensione dal servizio a seguito di condanna penale e la revoca di diritto della sospensione, nonché la riabilitazione, la reintegrazione del dipendente prosciolto in sede di revisione del procedimento disciplinare, la reintegrazione del dipendente assolto in sede di giudizio penale di revisione, la premorienza del dipendente alla sentenza di assoluzione in sede di revisione sono regolati dalle norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e dalle norme sulla disciplina delle funzioni dirigenziali delle amministrazioni dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748.

 

Art. 11. – Procedimento disciplinare connesso con procedimento penale.

Quando l’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato.

 

 

Titolo II – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Capo I – Principi generali.

 

Art. 12. – Procedura da osservare nel rilevare le infrazioni.

Ogni superiore è competente a rilevare le infrazioni. Il superiore che rileva l’infrazione deve:

far constatare, dopo essersi qualificato, la mancanza al responsabile;

procedere alla sua identificazione;

astenersi, di massima, dal richiamo in presenza di altre persone, tranne che le circostanze non impongano l’immediata repressione; in tal caso deve riferirsi unicamente al particolare fatto del momento; dare le eventuali disposizioni atte ad eliminare o ad attenuare le conseguenze della infrazione;

inoltrare rapporto sui fatti all’organo competente ad infliggere la sanzione.

Il rapporto deve indicare chiaramente e concisamente tutti gli elementi utili a configurare l’infrazione e non deve contenere alcuna proposta relativa alla specie e all’entità della sanzione.

 

Art. 13. – Modalità per l’irrogazione delle sanzioni.

L’organo competente ad infliggere la sanzione deve: tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell’età, della qualifica e della anzianità di servizio; sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse in servizio o che abbiano prodotto più gravi conseguenze per il servizio, quelle commesse in presenza o in concorso con inferiori o indicanti scarso senso morale e quelle recidive o abituali.

Ogni sanzione deve essere inflitta previa contestazione degli addebiti e dopo che siano state sentite o vagliate le giustificazioni dell’interessato, nei modi previsti dall’art. 14. Nello svolgimento del procedimento deve essere garantito il contraddittorio. Per infliggere la deplorazione deve essere sentito il parere della commissione consultiva di cui all’art. 15.

La sospensione dal servizio e la destituzione vengono inflitte a seguito del giudizio del consiglio centrale o provinciale di disciplina di cui all’art. 16.

 

Art. 14. – Contestazione degli addebiti e giustificazioni dell’interessato.

Per infliggere una sanzione più grave del richiamo orale, la contestazione degli addebiti deve essere fatta per iscritto. Essa deve indicare succintamente e con chiarezza i fatti e la specifica trasgressione di cui l’incolpato è chiamato a rispondere; copia del foglio contenente le contestazioni dev’essere consegnata al trasgressore e altra copia, firmata dallo stesso, deve rimanere agli atti del procedimento.

L’eventuale rifiuto a sottoscrivere deve risultare da attestazione scritta del capo dell’ufficio o del comandante del reparto incaricato della consegna. Con lo stesso atto formale l’incolpato dev’essere avvertito che, entro il termine di dieci giorni dalla notifica, egli potrà presentare giustificazioni, documenti o chiedere l’audizione di testimoni o indicare le circostanze sulle quali richiedere ulteriori indagini o testimonianze.

Tale termine può, a richiesta motivata dell’interessato, essere opportunamente prorogato di altri dieci giorni per una sola volta. é in facoltà dell’incolpato di rinunciare al termine, purché lo dichiari espressamente per iscritto.

Nei procedimenti disciplinari a carico dei dirigenti generali si applicano le disposizioni di cui all’art. 123 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni e integrazioni.

 

Art. 15. – Commissione consultiva.

La commissione consultiva è composta da tre appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza di cui uno di qualifica superiore e uno di qualifica pari a quella del trasgressore, designati dall’organo competente a infliggere la sanzione, ed uno di qualifica superiore a quella del trasgressore, indicato dai sindacati di polizia più rappresentativi della provincia.

All’inizio di ogni anno verrà predisposto, a cura dell’organo competente ad infliggere la sanzione, l’elenco degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza chiamati a far parte delle commissioni consultive. Nel caso che si proceda a carico di appartenenti alle qualifiche dirigenziali e direttive ovvero di personale in servizio presso il dipartimento della pubblica sicurezza, il terzo componente della commissione consultiva verrà designato dai sindacati di polizia più rappresentativi sul piano nazionale.

Qualora nella stessa sede di servizio del trasgressore non esista, in tutto o in parte, il personale avente qualifica corrispondente a quella stabilita per la costituzione della commissione, l’organo competente richiederà alla direzione centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza la designazione del personale necessario.

Non possono far parte della commissione il superiore che ha rilevato la mancanza e il dipendente eventualmente offeso o danneggiato.

I componenti la commissione sono vincolati al segreto d’ufficio.

Nel caso che più dipendenti di pari qualifica abbiano concorso a commettere la medesima mancanza, la commissione è unica.

 

Art. 16. – Consiglio superiore, consiglio centrale e consiglio provinciale di disciplina.

Con decreto del Ministro dell’interno è costituito annualmente il consiglio superiore di disciplina composto:

dal Ministro o, per sua delega, dal Sottosegretario di Stato, che lo convoca e lo presiede;

dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza;

dal vice direttore generale della pubblica sicurezza con funzioni vicarie;

da due funzionari della Polizia di Stato con qualifica dirigenziale, designati dai sindacati di polizia più rappresentativi sul piano nazionale.

Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario della Polizia di Stato, con qualifica dirigenziale.

Le deliberazioni del consiglio sono adottate a maggioranza assoluta dei componenti.

Con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza è costituito il consiglio centrale di disciplina composto:

a) dal direttore centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza o, per sua delega, dal direttore di un servizio della direzione centrale, che lo convoca e lo presiede;

b) da due funzionari della Polizia di Stato con la qualifica di dirigente superiore;

c) da due funzionari della Polizia di Stato con qualifica dirigenziale non inferiore a quella dell’incolpato designati di volta in volta dai sindacati di polizia più rappresentativi sul piano nazionale.

Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario della Polizia di Stato con qualifica direttiva.

I membri di cui alla lettera b) durano in carica un anno.

Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i

membri di cui alla lettera b).

Con decreto del questore è costituito, in ogni provincia, il consiglio di disciplina composto:

a) dal vice questore con funzioni vicarie che lo convoca e lo presiede;

b) da due funzionari del ruolo direttivo della Polizia di Stato;

c) da due appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato di qualifica superiore a quella dell’incolpato, designati di volta in volta dai sindacati di polizia più rappresentativi sul piano provinciale.

Un funzionario del ruolo direttivo della Polizia di Stato funge da segretario. I membri di cui alla lettera b) durano in carica un anno.

Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i membri di cui alla lettera b).

Il consiglio provinciale di disciplina è competente a giudicare gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza fino alla qualifica di ispettore capo, che prestano servizio nell’ambito della provincia. Il presidente o i membri dei consigli di disciplina possono essere ricusati o debbono astenersi ove si trovano nelle condizioni di cui all’art. 149 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

Il relativo procedimento è regolato dal suddetto articolo.

Qualora il ricusato sia il presidente del consiglio provinciale, il Ministro provvede alla nomina del sostituto. I componenti dei consigli di cui al presente articolo sono

vincolati al segreto d’ufficio.

 

 

Titolo II – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Capo II – PROCEDIMENTI.

 

Art. 17. – Procedimenti per l’irrogazione del richiamo scritto e della pena pecuniaria.

Il procedimento per irrogare il richiamo scritto o la pena pecuniaria deve svolgersi attraverso le seguenti fasi: contestazione scritti degli addebiti al trasgressore; acquisizione delle giustificazioni scritte dell’interessato; valutazione delle giustificazioni addotte e degli altri elementi raccolti; decisione; notifica della decisione al trasgressore; comunicazione della sanzione inflitta agli uffici interessati.

 

Art. 18. – Procedimento per l’irrogazione della deplorazione.

Il procedimento per irrogare la deplorazione deve svolgersi attraverso le seguenti fasi:

contestazione scritta degli addebiti al trasgressore;

acquisizione delle giustificazioni scritte dell’interessato;

convocazione del trasgressore, degli eventuali testimoni e della commissione consultiva di cui all’art. 15, da parte dell’organo competente ad irrogare la sanzione;

svolgimento della riunione.

Il predetto organo, assistito da un segretario, dà lettura degli addebiti contestati e delle giustificazioni presentate dal trasgressore, rendendo inoltre noti i suoi precedenti disciplinari e di servizio, nonché l’ente e l’anzianità di servizio;

acquisisce le dichiarazioni degli eventuali testimoni;

chiede, d’iniziativa o a richiesta dei membri della commissione, eventuali ulteriori chiarimenti al trasgressore sui fatti addebitatigli;

congedato il trasgressore, raccoglie il parere dei singoli membri della commissione. Della seduta è redatto apposito verbale, sottoscritto dal funzionario procedente e dal segretario.

La decisione deve essere notificata al trasgressore entro il termine di cinque giorni dalla data della seduta.

Della sanzione inflitta deve essere data comunicazione scritta agli uffici interessati.

 

Art. 19. – Istruttoria per l’irrogazione della sospensione dal servizio o della destituzione.

L’istruttoria per irrogare la sospensione dal servizio o la destituzione deve svolgersi attraverso le seguenti fasi:

il capo dell’ufficio o il comandante del reparto che abbia notizia di un’infrazione commessa da un dipendente, per la quale sia prevista una sanzione più grave della deplorazione, se il trasgressore appartiene a qualifica dirigenziale o direttiva o, comunque, è in servizio presso il dipartimento della pubblica sicurezza, ne dà comunicazione all’autorità centrale competente a infliggere la sanzione; se invece appartiene al restante personale, informa il questore della provincia in cui lo stesso presta servizio.

Le predette autorità, ove ritengano che l’infrazione comporti l’irrogazione della sospensione dal servizio o della destituzione, dispongono che venga svolta inchiesta disciplinare affidandone lo svolgimento ad un funzionario istruttore che appartenga a servizio diverso da quello dell’inquisito, e che rivesta qualifica dirigenziale o direttiva superiore a quella dell’incolpato.

Per il funzionario istruttore valgono le norme sulla astensione e sulla ricusazione dei componenti i consigli di disciplina. Egli provvede, entro dieci giorni, a contestare gli addebiti al trasgressore invitandolo a presentare le giustificazioni nei termini e con le modalità di cui all’art. 14 e svolge, successivamente, tutti gli altri accertamenti ritenuti da lui necessari o richiesti dall’inquisito.

L’inchiesta dev’essere conclusa entro il termine di quarantacinque giorni, prorogabile una sola volta di quindici giorni a richiesta motivata dell’istruttore. Questi riunisce tutti gli atti in un fascicolo, numerandoli progressivamente in ordine cronologico e apponendo su ciascun foglio propria firma, e redige apposita relazione, alla quale allega tutto il carteggio raccolto, trasmettendolo all’autorità che ha disposto l’inchiesta. Detta autorità, esaminati gli atti se ritiene che gli addebiti non sussistono, ne dispone l’archiviazione con provvedimento motivato, ovvero trasmette con le opportune osservazioni, all’organo competente a infliggere una sanzione minore.

Qualora gli addebiti sussistano, trasmette il carteggio dell’inchiesta, con le opportune osservazioni, al consiglio di disciplina competente in base al disposto degli articoli 6 e 7.

 

Art. 20. – Procedimento dinanzi al consiglio centrale o provinciale di disciplina.

Il consiglio centrale o provinciale di disciplina è convocato dall’organo indicato nell’art. 16 entro dieci giorni dalla ricezione del carteggio.

Nella prima riunione il presidente ed i membri del consiglio esaminano gli atti e ciascuno di essi redige dichiarazione per far constatare tale adempimento; indi il presidente nomina relatore uno dei membri e fissa il giorno e l’ora della riunione per la trattazione orale e per la deliberazione del consiglio che dovrà aver luogo entro quindici giorni dalla data della prima riunione del consiglio stesso. Il segretario, appena terminata la prima riunione, notifica per iscritto all’inquisito che dovrà presentarsi al consiglio di disciplina nel giorno e nell’ora fissati, avvertendolo che ha facoltà di prendere visione degli atti dell’inchiesta o di chiederne copia entro dieci giorni e di farsi assistere da un difensore appartenente all’Amministrazione della pubblica sicurezza, comunicandone il nominativo entro tre giorni; lo avverte inoltre che, se non si presenterà, né darà notizia di essere legittimamente impedito, si procederà in sua assenza.

Il difensore, se lo richiede, ha facoltà di prendere visione degli atti prima della data della riunione e di chiederne copia; lo stesso non può intervenire alle sedute degli organi collegiali senza l’assenso dell’interessato.

Nel giorno fissato, aperta la seduta, il presidente, dopo aver fatto introdurre l’inquisito e l’eventuale difensore:

a) legge l’ordine di convocazione;

b) rende noti i precedenti disciplinari e di servizio dell’inquisito;

c) legge le dichiarazioni scritte dell’avvenuto esame, da parte propria e degli altri membri, degli atti dell’inchiesta formale;

d) fa leggere dal segretario la contestazione degli addebiti, le giustificazioni e la relazione del funzionario istruttore;

e) chiede se i membri del consiglio o l’inquisito desiderino che sia letto qualche altro atto dell’inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne autorizza la lettura. Il presidente, o i membri del consiglio previa autorizzazione del presidente, possono chiedere al giudicando chiarimenti sul fatto a lui addebitati.

Questi può presentare una memoria preparata in precedenza e firmata, contenente la sua difesa, e può produrre eventuali nuovi elementi; la memoria e i documenti sono letti da uno dei componenti il consiglio ed allegati agli atti.

Il presidente dà la parola al difensore, se presente, le cui conclusioni devono essere riportate nel verbale della seduta, ed infine chiede all’inquisito se ha altro da aggiungere. Udite le ulteriori ragioni a difesa ed esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente dichiara chiusa la trattazione orale e fa ritirare l’inquisito ed il difensore. Il consiglio, se ritiene di non poter esprimere il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all’organo proponente indicando i punti sui quali giudica necessari ulteriori accertamenti.

Non verificandosi l’ipotesi di cui al precedente comma, il consiglio delibera a maggioranza di voti, con le seguenti modalità:

a) il presidente sottopone separatamente a decisione le questioni pregiudiziali, quelle incidentali la cui decisione sia stata differita, quelle di fatto e di diritto riguardanti le infrazioni contestate e, quindi, se occorre, quelle sull’applicazione delle sanzioni. Tutti i componenti del consiglio danno il loro voto su ciascuna questione;

b) qualora nella votazione si manifestino più di due opinioni, i componenti il consiglio che hanno votato per la sanzione più grave si uniscono a quelli che hanno votato per la sanzione immediatamente inferiore fino a che venga a sussistere la maggioranza. In ogni altro caso, quando su una questione vi è parità di voti, prevale l’opinione più favorevole al giudicando.

 

Art. 21. – Deliberazione del consiglio di disciplina.

Il consiglio di disciplina, se ritiene che nessun addebito possa muoversi all’inquisito,

lo dichiara nella deliberazione. Se ritiene che gli addebiti siano in tutto o in parte fondati, propone la sanzione da applicare. La deliberazione motivata viene redatta dal relatore o da altro componente il consiglio ed è firmata dal presidente, dall’estensore e dal segretario. Copia della deliberazione con gli atti del procedimento e la copia del verbale della trattazione orale, viene trasmessa entro dieci giorni alla direzione centrale del personale del dipartimento della pubblica sicurezza. Il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza provvede con decreto motivato a dichiarare l’inquisito prosciolto da ogni addebito o ad infliggergli la sanzione un conformità della deliberazione del consiglio, salvo che egli non ritenga di disporre in modo più favorevole all’inquisito. Il decreto deve essere comunicato all’interessato entro dieci giorni dalla sua data, nei modi previsti dall’art. 104 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

 

 

Titolo II – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Capo III – Presentazione dei ricorsi amministrativi.

 

Art. 22. – Generalità.

I ricorsi amministrativi, previsti dal presente decreto, devono essere presentati all’organo che ha inflitto la sanzione, il quale li trasmette con le proprie osservazioni a quello competente per la decisione. Si applicano, altresì, per quanto non previsto e se compatibili con le norme contenute nel presente capo, le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199.

 

 

Titolo II – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Capo III – Presentazione dei ricorsi amministrativi.

 

Art. 23. – Riesame delle sanzioni del richiamo scritto e della pena pecuniaria.

Avverso le sanzioni del richiamo scritto e della pena pecuniaria si ricorre all’organo gerarchicamente superiore a quello che ha irrogato la sanzione. Nel ricorso debbono essere indicati i motivi di impugnazione del provvedimento.

 

 

Titolo II – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Capo III – Presentazione dei ricorsi amministrativi.

 

Art. 24. -Riesame della sanzione della deplorazione.

Avverso la sanzione della deplorazione è ammesso rivolgere istanza di riesame al capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza. L’esito del riesame è fatto risultare da decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, adottato in conformità della deliberazione del consiglio centrale di disciplina di cui al precedente art. 16. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui ai precedenti articoli 20 e 21.

 

Art. 25. – Riesame delle sanzioni della sospensione dal servizio e della destituzione.

Avverso le sanzioni della sospensione dal servizio e della destituzione è ammesso rivolgere istanza di riesame al Ministro dell’interno. L’esito del riesame è fatto risultare da decreto ministeriale, adottato in conformità della deliberazione del consiglio superiore di disciplina o del consiglio centrale di disciplina, a seconda che il provvedimento oggetto di riesame sia stato emanato previo giudizio del consiglio centrale di disciplina o del consiglio provinciale di disciplina. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui ai precedenti articoli 20 e 21.

 

 

Titolo III – PROCEDURA PER LA RIAPERTURA DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Art. 26. – Riapertura del procedimento disciplinare.

Il procedimento disciplinare può essere riaperto se l’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza cui fu inflitta la sanzione disciplinare, ovvero il coniuge superstite o i figli, adducano nuove prove tali da far ritenere che possa essere dichiarato il proscioglimento dagli addebiti ovvero irrogata una sanzione di minore gravità.

La riapertura del procedimento è disposta dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza su relazione della direzione centrale del personale ed il nuovo procedimento si svolge nelle forme previste dal titolo II.

Il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, qualora non ritenga di disporre la riapertura del procedimento, provvede con decreto motivato, sentito il consiglio centrale di disciplina.

 

Art. 27. – Effetti della riapertura del procedimento.

In caso di riapertura del procedimento, ove le circostanze lo consigliano, il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza può disporre la sospensione degli effetti della sanzione già inflitta. All’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza già punito, nei confronti del quale sia stata disposta la riapertura del procedimento disciplinare, non può essere inflitta una sanzione più grave di quella già applicata. Qualora egli venga prosciolto o sia ritenuto passibile di sanzione meno grave, devono essergli corrisposti, in tutto o in parte, gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e funzioni di natura speciale o per prestazioni di lavoro straordinario, salva la deduzione dell’eventuale assegno alimentare già percepito. La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso in cui la riapertura del procedimento sia stata richiesta dal coniuge superstite o dai figli.

 

 

Titolo IV – NORME TRANSITORIE

 

Art. 28.

I procedimenti disciplinari relativi ad infrazioni commesse dopo l’entrata in vigore della legge sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e non ancora esauriti alla data di entrata in vigore del presente decreto, dovranno essere trasferiti ai nuovi organi disciplinari con le seguenti modalità.

Al dipendente dei ruoli dei funzionari, delle ispettrici e delle assistenti della Polizia di Stato, nei confronti del quale sia iniziato procedimento disciplinare per l’irrogazione della censura, si applicano le norme e la procedura previste per il richiamo scritto.

Qualora l’incolpato sia sottoposto a procedimento per l’irrogazione della riduzione dello stipendio, valgono le disposizioni stabilite per la comminatoria della sanzione disciplinare della pena pecuniaria.

Nell’ipotesi di sospensione dalla qualifica o di destituzione, saranno seguite le procedure per l’irrogazione della sospensione dal servizio o della destituzione. All’appartenente ai ruoli degli ufficiali, dei sanitari e dei sottufficiali della Polizia di Stato, nei cui confronti sia iniziato procedimento disciplinare per l’irrogazione del rimprovero, ed all’appartenente ai ruoli degli appuntati, delle guardie scelte e delle guardie della Polizia dello Stato, nei cui confronti sia iniziato procedimento disciplinare per l’irrogazione della consegna, si applicano le norme e la procedura previste per il richiamo scritto.

Qualora l’appartenente ai ruoli di cui al precedente comma sia sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione della consegna di rigore, valgono le disposizioni stabilite per la comminatoria della sanzione disciplinare della pena pecuniaria.

 

Art. 29.

I procedimenti disciplinari pendenti all’entrata in vigore del presente decreto proseguiranno davanti ai nuovi organi, nella fase successiva a quella svolta, ove ciò non ne pregiudichi la regolarità.

 

Art. 30.

Fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento del personale dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, continuano ad applicarsi, nei confronti degli appartenenti al disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, le sanzioni di stato previste dai rispettivi stati giuridici.

 

Art. 31.

Per quanto non previsto dal presente decreto in materia di disciplina e di procedura, si applicano, in quanto compatibili, le corrispondenti norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.