OGGETTO: Emergenza Sanitaria Migranti – Tutela del personale operante.-
Egregi Segretario,
La Segreteria di Padova desidera affrontare una questione della massima importanza e, soprattutto, della
massima urgenza: il RISCHIO SANITARIO del personale impiegato per il controllo straordinario dei
valichi di frontiera.
Purtroppo il problema si ripropone quotidianamente nelle nostre città e si aggrava ogni qualvolta vi sia
una crisi migratoria, a prescindere dall’etnia dei migranti e della loro provenienza. L’intensificarsi
dell’afflusso di migranti dalla rotta balcanica che è in corso in questi giorni porta con sé inevitabilmente
un aumento considerevole di persone affette da malattie, anche molto gravi e contagiose.
Ci è giunta notizia che il 18 Agosto scorso un migrante fermato alla frontiera vi giungesse ricoperto di
lacerazioni e bubboni. Solo dietro insistenza del personale del Reparto Mobile veniva assistito da un
medico che, riscontratone il contagio da Sifilide, lo dimetteva affidandolo per ore ed ore nelle mani e
all’assistenza del personale in servizio presso il posto di frontiera, senza alcuna indicazione sulla gravità
della malattia o su come assisterlo.
Ancora più eclatante il caso di un collega colpito intenzionalmente con sangue e saliva da un individuo
affetto da HIV: in primo luogo a causa del pesante protocollo medico di profilassi per evitare il
contagio che lo ha debilitato ed in secondo luogo per le privazioni causate dalle precauzioni necessarie
ad evitare la possibilità di contagio di coniugi e figli piccoli.
Non sono purtroppo casi isolati e certamente tutti noi ricordiamo come in altri contesti i colleghi si
siano portati a casa Tubercolosi, Scabbia, Pidocchi e diversi altri pericolosi morbi, che non vengono
purtroppo considerati tra i rischi a cui il personale della P.S. viene abitualmente esposto.
Tutti i colleghi che lavorano stabilmente a contatto con soggetti portatori di malattie, sospetti o
conclamati, (Volanti, Stradale, Polfer, Reparto Mobile, R.P.C.) sono esposti a rischi sanitari
enormemente maggiori rispetto al personale che svolge il proprio lavoro in uffici, che non hanno
contatto con simili situazioni, e la loro tutela è ad oggi assente, tranne che per le disposizioni di utilizzo
dei DPI in dotazione, utile tutela minima ma non rapportabile ad ogni singola patologia, condizione
che spesso è percepiti dal personale come insufficiente ai rischi sanitari con cui devono confrontarsi.
Naturalmente il problema non riguarda solo i migranti, solo per citarne qualcuno il 05 Agosto alla
stazione ferroviaria di Padova, dove un operatore Polfer veniva attinto dallo sputo di una
tossicodipendente, inutile citare le innumerevoli patologie di cui è affetta, oppure il 22 Maggio
dinamiche analoghe riferite però a personale delle volanti.
Questo porta alla necessità di affrontare ineludibili e non procrastinabili questioni:
-Il personale non è formato, nemmeno sommariamente, in merito a precauzioni e modalità di
comportamento atte ad evitare contagi di simili malattie.
-Il personale in molti casi non ha certezza che i dispositivi di protezione in dotazione siano adeguati a
tutte le condizioni di salute dei migranti che arrivano o degli individui con cui vengono in contatto.
-Il personale non è preparato in alcun modo a prestare soccorso ai migranti malati e non ha direttive
precise riguardo il coinvolgimento di personale medico e non dovrebbe perciò essere investito di una
simile responsabilità: si può forse chiedere ad un operatore di fare diagnosi o di giudicare se un essere
umano sia o meno in condizioni di salute tali da necessitare di assistenza medica o ricovero? Si può
pensare che l’eventuale intervento di un medico sia demandato all’iniziativa soggettiva del personale?
Cosa accadrebbe se un fermato o un migrante gravemente malato riportasse danni irreversibili a causa
di una sottovalutazione della sua condizione?
-Il personale rimane ore ed ore a contatto con persone malate, anche dopo una precisa e grave diagnosi
medica: si può chiedere al personale di assistere migranti e fermati malati, troppo spesso dimessi
frettolosamente, all’interno di un posto di frontiera o di un commissariato?
-Il personale che ha avuto la sventura di venire contagiato, si vede abitualmente respinte le istanze di
causa di servizio in relazione all’impossibilità di poter dimostrare il nesso di causalità tra la malattia ed il
servizio svolto. Infatti, i periodi d’incubazione di certe malattie sono tali che creano apparente
discontinuità temporale e causale con un dato servizio effettuato. Il personale, quindi, nei confronti di
molte gravi malattie virali, si trova nell’obbligo di dover adempiere ai doveri legali ed d’istituto, ma
dall’altro lato si trova di fatto senza la tutela obbligatoria per legge da infortuni/malattie di lavoro.
-Il personale rischia il contagio in prima persona e rischia di averne la vita stravolta o rovinata ma non è
certo una eventualità remota il contagio di altri colleghi o, peggio ancora, di famiglie e figli.
Siamo certi che di simili ed importanti questioni sei già a conoscenza e che il benessere e la salute del
personale siano certamente al primo posto delle nostre prerogative sindacali, capirai quindi le nostre
preoccupazioni e perché non è più procrastinabile un intervento definitivo e strutturale sulla materia.
È opportuno, di conseguenza, che il superiore Ministero disponga delle direttive univoche ed
immediate sui comportamenti, le protezioni degli operatori e sul trattamento dei migranti, in tutti i casi
in cui gli operatori sospettino la presenza di un migrante affetto da malattia. Nelle more dell’intervento,
che dovrà essere rapido ed esaustivo al fine di dirimere questa problematica definitivamente, ti
chiediamo ai Sigg. Questori e Dirigenti in indirizzo di procedere di loro iniziativa a tutelare la salute dei
colleghi di concerto con gli uffici provinciali sanitari.
Si rimane in attesa di un cortese cenno di risposta