Oggetto: illegittimo diniego a domanda esonero turno notturno per dipendenti che assistono persone riconosciute affette da disabilità non in situazione di gravità ex art, 3, co. 1, l. 104/1992. – violazione sistema relazioni sindacali, richiesta convocazione Commissione paritetica ex art. 29, co. 3, d.P.R. 164/2002 per esame interpretazione art. 18, co 1, lett, f) dPR 51/2009.

Signor Capo della Polizia,

con nota n. 333-A/9806.G.3.2/5445-2019 del 16 maggio scorso, indirizzata da codesto Dipartimento della pubblica sicurezza al Compartimento Polizia Stradale per la Campania e la Basilicata – che, per pronto riferimento e ad ogni buon fine, si allega – con riferimento alla «possibilità di accordare l’esonero dal turno notturno a dipendenti che ne facciano richiesta per assistere il familiare disabile a cui è stato riconosciuto un handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni», ha innanzitutto richiamato le disposizioni contenute nell’art. 53, co. 3, d.lgs. 151/2001 che, come noto, testualmente recita:

«Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni»

Di seguito detta nota letteralmente afferma che tale disposizione sarebbe stata poi «recepita in tutti gli accordi sindacali per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare succedutisi dal 1999 ad oggi, da ultimo nell’art. 18, comma 1, lettera f) del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 51».

Occorre a questo punto leggere preliminarmente il testo di quest’ultima disposizione che, è bene sottolineare sin d’ora, è riferita al solo personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, mentre analoga tutela, per le Forze di polizia ad ordinamento militare, si trova nell’art. 41:

«Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, al personale delle forze di polizia ad ordinamento civile si applicano le seguenti disposizioni: … esonero, a domanda, dal turno notturno per i dipendenti che abbiano a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104».

Appare quindi subito di tutta evidenza che non è affatto la norma di cui al richiamato Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 ad essere stata recepita dal ccnl.

Come noto – infatti – sono in realtà i contratti collettivi nazionali di lavoro che – per i pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato del cd. regime pubblicistico – vengono recepiti nell’Ordinamento positivo della Repubblica mediante decreti del Presidente della Repubblica.

Orbene, la norma recepita e da applicare non è certo il richiamato art. 53, co. 3, d.lgs. 151/2001, bensì l’anch’esso richiamato art. 18, co. 1, lett. f), d.P.R. 51/2009 che aggiunge tutele autonome rispetto a quelle contenute nel Testo unico di cui sopra. Per capirlo basta rileggere l’incipit, che è di chiarezza solare: «Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile si applicano le seguenti disposizioni … ».

Sono dunque questa le disposizioni contrattuali che, vivendo di vita propria, per il principio di specialità vanno applicate ai poliziotti: all’Amministrazione l’onere di applicarle, non certo quello di interpretarle da sola. L’interpretazione autentica di una disposizione è riservata a chi l’ha emessa: il Parlamento interpreta da solo la Legge perché da solo la approva. Allo stesso modo l’interpretazione autentica di un contratto collettivo nazionale di lavoro è affidata – congiuntamente – alle parti che lo hanno sottoscritto e quindi, nel caso di specie, alla Parte pubblica – in questo caso l’Amministrazione della pubblica sicurezza, insieme alle organizzazioni sindacali aventi titolo, tra cui chi scrive.

La nota citata in premessa integra dunque una patente violazione del sistema delle relazioni sindacali delineato dall’art. 23, d.P.R. 164/2002 instaurando un conflitto fra codesta Amministrazione della pubblica sicurezza e questa Federazione sindacale sulla corretta applicazione dell’art. 18, co. 1, lett. f), d.P.R. 51/2009: sulla base della sopra riportata specifica indicazione degli elementi di fatto e di diritto su cui essa si basa formuliamo pertanto – ai sensi dell’art. 29, d.P.R. 164/2002 – la presente richiesta di esame – nei trenta giorni successivi alla data odierna – del diritto soggettivo all’esonero, – a domanda – dal turno notturno per i dipendenti che assistano un soggetto riconosciuto disabile ai sensi dell’art. 3, co. 1, legge 5 febbraio 1992 n. 104, ai fini della stesura del previsto parere – vincolante nel merito a far data dalla data odierna – al quale le parti dovranno conformarsi.

Ciò premesso riteniamo utile – e non solo per completezza espositiva – confutare lo spirito e la lettera della nota in termini anche con riferimento alle argomentazioni utilizzate in punto di diritto, anche volendo per un attimo prescindere dalla violazione delle prerogative di chi è chiamato a rappresentare i lavoratori della Polizia di Stato, tutelandone il rispetto di diritti ed interessi legittimi.

Appare infatti meramente strumentale alla decisione – palesemente adottata a priori – di negare un diritto dei poliziotti, tentare di basare tale negazione su un parere (rectius sulla risoluzione n. 4) – non allegato – che la Direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali emanò il 6 febbraio 2009 per rispondere ad un quesito formulato da… Confindustria!

Detta risoluzione peraltro rimanda all’art. 11, d.lgs. 66/2003, il cui comma 2 testualmente recita: «I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall’obbligo di effettuare lavoro notturno», limitandosi quindi a disciplinare ipotesi non previste dai ccnl: sulla questione di cui trattasi il nostro ccnl è chiarissimo e quindi la risoluzione inconferente.

Strano che sia sfuggito questo aspetto insieme ad un altro: la risoluzione afferma di intervenire perché – all’epoca – non risultavano significativi precedenti giurisprudenziali in materia.

Absit iniuria verbis, ma non possiamo non stupirci del fatto che proprio a quell’ufficio sia sfuggita la giurisprudenza a favore dei lavoratori intervenuta prima della nota in questione.

Ci torneremo tra poco, ma non senza aver citato il quesito – che però non viene allegato e rimasto inevaso – che sarebbe stato inviato al Dipartimento della funzione pubblica «Risultando questa interpretazione più restrittiva di quella adottata» fino ad allora dalla nostra Amministrazione, che tenta così di apparire dispiaciuta di questo restringimento dei diritti ma, a fronte del silenzio della Funzione pubblica, ha dovuto suo malgrado arrendersi difronte all’ipotetico matrimonio – fatto questo, ancora una volt non documentato – tra non meglio indicate altre Forze di polizia e la ripetuta interpretazione restrittiva fornita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Veniamo quindi alle aule di Giustizia: il 20 aprile 2019 il Tar Marche emana la sentenza breve n. 199/2019 REG.PROV.COLL. – n. 58/2019 REG.RIC. che supera tutte le argomentazioni della nota in questione, emanata questi due mesi dopo, difficile credere che codesto Dipartimento non sapesse.

Il ricorrente, appartenente alla Polizia di Stato, il 1° marzo 2019 aveva presentato istanza di esonero dai turni notturni per assistere la coniuge dichiarata disabile ai sensi dell’art. 3, comma 1, della Legge n. 104/1992, ma l’istanza era stata respinta dall’Amministrazione poiché l’infermità non si connotava come “grave” (ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge n. 104/1992).

Al centro della controversia c’è dunque proprio l’interpretazione da attribuirsi all’articolo 5, comma 2, lettera c), legge 9 dicembre 1977, n. 903: secondo il Ministero dell’interno esonererebbe dall’obbligo di prestare lavoro notturno solo chi assiste una persona affetta da disabilità grave perché, pur non affermandolo espressamente, la norma presupporrebbe comunque l’esistenza di una disabilità grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge n. 104/1992.

Secondo il ricorrente – invece – il silenzio della norma, sul punto, deve invece essere inteso nel senso che la situazione di disabilità sia comunque riconducibile alla Legge n. 104/1992, ovvero al relativo art. 3, comma 1, senza che debba qualificarsi anche “grave”.

Rilevando il Tar come sia pacifico in giurisprudenza il principio secondo cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, il collegio ha dato ragione al collega, richiamando il precedente deciso dal Tribunale di Milano con sentenza n. 2216 del 18/9/2016 depositata in giudizio dal ricorrente.

Il Giudice amministrativo ha osservato inoltre che «Negli stessi termini si è anche espressa, di recente, la giurisprudenza amministrativa, secondo cui “L’interpretazione fornita dall’amministrazione intimata nel richiedere che l’handicap del disabile presenti connotazione di gravità finisce con attribuire una valenza additiva alla normativa in esame introducendo surrettiziamente un requisito non richiesto peraltro in una materia, come quella della tutela dei diritti dei disabili, coperta da garanzie costituzionali, che non tollera elisioni nell’ambito della tutela garantita dal legislatore se non nell’ambito di quanto esplicitamente tipizzato” (cfr. TAR Campania, Napoli, VI, 1/2/2019 n. 540)».

In conclusione si può rilevare come la medesima Amministrazione che negli atti interni tenta di farci credere di volersi solo conformare al Ministero del lavoro ed alle altre Forze di polizia nella decennale attesa del parere del Dipartimento della funzione pubblica, davanti al Tar getta la maschera ed illustra a viso aperto una sua propria interpretazione penalizzante per i poliziotti e la ribadisce perché contro la sentenza di cui sopra e contro il collega che aveva vinto ha anche proposto appello!

Ci consenta Signor Capo di domandarLe accoratamente – in attesa della riunione della Commissione paritetica entro i 30 giorni previsti dalla norma – se non tema anche Lei che siffatto modus operandi possa vanificare i tanti e meritori sforzi fatti da Lei – ad esempio istituendo una Commissione per aiutare i colleghi ad affrontare il disagio che può derivare da situazioni personali e/o familiari ivi comprese, dunque, quelle eventualmente connesse alla presenza di disabili nel nucleo familiare – per far sì che i poliziotti vedano nell’Amministrazione un punto di riferimento amichevole cui affidarsi anziché un’entità arcigna da cui doversi guardare con grande attenzione.

In attesa di un cortese cenno di riscontro l’occasione è gradita per inviare distinti saluti.

Roma, 26 giugno 2019