Incontro sulla prossima realizzazione di un hotspot in Albania
Abbiamo rivendicato idonee garanzie per i colleghi impegnati

Il Dipartimento della pubblica sicurezza ha convocato la riunione del 27/5 scorso perché il 3/6 le autorità locali consegneranno a quelle italiane l’area che, all’interno del porto di Shëngjin – dotato di collegamenti marittimi con quello di Bari e ubicato nel nord dell’Albania – in base agli accordi bilaterali tra i due Paesi ospiterà un “hotspot” italiano, vale a dire uno dei centro per il soccorso, la prima assistenza e l’identificazione di migranti collocati sui confini esterni dell’Unione Europea.

Già il 2 giugno prossimo, in attesa di dare il via all’operatività del centro, dovrà quindi partire il primo contingente di 20 appartenenti alla Polizia di Stato, individuati nei reparti mobili di Roma e Napoli privilegiando i volontari, che – lavorando per 30 giorni consecutivi in squadre da 5 (turno in quinta con salto riposo) assicureranno la vigilanza all’interno della struttura che è considerata territorio italiano, mentre la vigilanza all’esterno dovrà essere garantita da autorità e corpi armati albanesi.

A coordinare sul posto i servizi ci saranno due primi dirigenti della Polizia di Stato e l’intero dispositivo sarà diretto da un dirigente superiore sotto la responsabilità della Questura di Roma e, per gli aspetti di specifica competenza, dalla Prefettura capitolina mentre, in caso di commissione di reati all’interno del centro, la competenza sarà del Tribunale di Roma, che procederà in videoconferenza, mentre per tutto ciò che accadrà all’esterno la competenza sarà, naturalmente, della autorità albanesi.

I colleghi viaggeranno ed effettueranno spostamenti con mezzi dell’Amministrazione in abiti civili, per cui divise, dotazioni e armamento saranno custoditi in armadietti blindati individuali posti dentro il centro, dove verranno prelevati solo per effettuare il turno di servizio e riposti al termine. Saranno alloggiati in un hotel che è stato realizzato appositamente dal Genio militare italiano, che si trova a circa mezz’ora di strada, non sarà extraterritoriale e sarà vigilato all’esterno dalle autorità albanesi.

Analogo modulo organizzativo verrà adottato quando, si prevede a luglio, entrerà in funzione a Gjader – sempre a nord dell’Albania, ma all’interno e presso una ex base militare – un Cpr con all’interno anche un’area carceraria per la detenzione di chi commettesse reati: a regime il dispositivo delle nostre Forze di polizia impiegherà circa 300 unità tra PS, CC, GdF e Polizia Penitenziaria. L’aliquota PS impiegherà 70 unità dei reparti mobili, oltre a immigrazione, scientifica e PG: in totale 176 unità.

Il trattamento economico sarà l’indennità di missione internazionale senza la decurtazione prevista per la fruizione di vitto e alloggio a carico dell’amministrazione e quindi pari, in Albania, a circa 100 euro netti giornalieri che saranno onnicomprensivi per cui, a normativa vigente, non potranno essere remunerate a parte eventuali prestazioni di lavoro straordinario. Abbiamo subito fatto presente questa criticità, così come altre: non si puà lavorare 30 giorni di seguito senza effettuare riposi settimanali.

Abbiamo chiesto documentazione per alloggi, armadietti, ecc. e segnalato che sarebbe opportuno un presidio sanitario permanente in aggiunta all’apposita polizza sanitaria che coprirà tutti i colleghi impegnati. L’organizzazione dei moduli operativi di queste innovative strutture è ancora in divenire, anche perché non sono stati ancora sottoscritti tutti gli accordi bilaterali previsti per l’operatività.

Siamo quindi un una fase ancora interlocutoria e ci saranno altri incontri prima dell’avvio concreto.

Roma, 28 maggio 2024.

La nota