Egregio Signor Capo della Polizia,

                                                         abbiamo preso atto del contenuto del Suo decreto del 2 gennaio scorso con il quale è stato definito il <<programma di sorveglianza sanitaria e promozione della salute>> degli appartenenti alla Polizia di Stato e non possiamo esimerci dal segnalare le nostre perplessità di metodo e di merito.

In primis riteniamo doveroso rilevare che in occasione del primo ed unico incontro al quale hanno partecipato tutte le OO.SS. Lei, su nostra precisa e motivata richiesta, convenne sulla necessità di approfondire in sede tecnica la bozza di decreto in parola e fornì Le Sue più ampie rassicurazioni in tal senso.

Peccato che, a distanza di un paio di settimane da quell’incontro e senza che sia intervenuto alcun successivo momento di confronto su tale delicata materia – che rinvia a diverse fonti normative (non ultimo il d. lgs. 81/2008) e individua ben definiti profili di responsabilità, in particolare in capo al datore di lavoro e al medico competente – Ella abbia deciso di licenziare il cennato decreto, che riteniamo viziato in punto di diritto, oltre che lacunoso, fumoso e foriero di confusione per le ragioni di seguito meglio sintetizzate.

L’impianto complessivo del “decreto”, poi, sembra non tenere in alcuna considerazione i ritardi e le gravi inadempienze più volte segnalate anche ai competenti uffici dipartimentali in ordine, per esempio, alla corretta predisposizione del DVR (a partire, a mero titolo esemplificativo, da quello relativo al “compendio viminale” che ospita anche i Suoi uffici) o alla mancata emanazione del Regolamento recante norme per l’applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, espressamente previsto dall’art. 3 del d. lgs. 81/08.

Nel merito del decreto.

Il <<programma di sorveglianza sanitaria e promozione della salute>>  ha come riferimento le “linee guida per la sorveglianza  sanitaria degli operatori dei corpi di polizia” (come peraltro espressamente riportato nella premessa dell’allegato A del predetto decreto), compendiate in un interessantissimo libro dall’omonimo titolo, dato alle stampe lo scorso settembre 2016, i cui contenuti risultano “fortemente raccomandati” dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (SIMLII) che, in buona sostanza, li fa propri.

Le osservazioni che seguono, pertanto, tengono conto proprio delle predette linee guida, alla cui definizione hanno partecipato anche due illustri medici della Polizia di Stato che figurano tra gli autori.

  • ØIn linea di principio la “sorveglianza sanitaria generale” dovrebbe prevedere un insieme di promozione e prevenzione ….. e un’opera di continua rivalutazione del rischio, formazione e informazione dei lavoratori[1]”: attività di cui non si rinviene traccia nel decreto.
  • ØFatte salve le buone intenzioni manifestate anche in occasione di eventi istituzionali in ordine al desiderio di evitare che il “decreto” appaia come uno strumento di mera “rottamazione” degli appartenenti alla Polizia di Stato e pur prendendo atto delle dichiarazioni di principio relative alla necessità di addivenire ad una complessiva rivisitazione e armonizzazione delle diverse fonti normative che regolano anche le materie connesse e conseguenti (transito nei ruoli tecnici o in altre amministrazioni a seguito di inidoneità al servizio; riconoscimento delle “cause di servizio”; accesso  alla pensione; competenze delle CMO Polizia di Stato) dobbiamo purtroppo rilevare la manifesta illogicità di un provvedimento che precede, invece di seguire, le necessarie modifiche normative e regolamentari da Lei stesso auspicate.
  • ØIl “decreto”, inoltre, nulla dispone in ordine “….. alla realizzazione di condizioni di effettiva riservatezza dei dati sanitari e la rigida separazione tra profili sanitari e disciplinari…”, così come invece viene “fortemente raccomandato” nelle prefate “linee guida”[2] allo scopo di evitare che il dipendente, per sfuggire a situazioni potenzialmente dannose per la sua attività professionale, non ricorra alla sorveglianza sanitaria quando ne ha bisogno o si mostri restio a rivelare i propri dati anamnestici.
  • ØLa disciplina dei ricorsi avverso il giudizio di idoneità all’impiego formulato in sede di sorveglianza sanitaria generale (quella obbligatoria da 50 anni in poi, per intenderci) è appena accennata e rinvia ad organi di vigilanza interregionali (monocratici ??) dei quali è lecito dubitare della piena funzionalità ed efficacia.
  • ØSegnaliamo, tra l’altro, che l’architettura del decreto alimenta perplessità anche riguardo alle attribuzioni del medico competente in caso di sopravvenuta inidoneità del dipendente, come emerge dal combinato disposto del punto 2.3 dell’allegato A al Suo “decreto” e dell’art. 41 del d. lgs. 81/08.
  • ØPerplessità che aumentano a dismisura se si tiene conto del fatto che l’art. 38, comma 1, lett. d-bis) del prefato decreto legislativo, prevede che per gli appartenenti al ruolo dei sanitari delle Forze Armate, Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, il requisito indispensabile per poter esercitare le funzioni di medico competente è quello dello “svolgimento di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni”. Il comma 3 del medesimo articolo, poi, prevede che “per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è altresì necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina …”. Tenuto conto dell’accresciuto valore strategico di tale figura nell’ambito del Suo “decreto”, riteniamo che sia assolutamente indispensabile una verifica circa l’esatta interpretazione della citata norma alla luce di una prassi che, a nostro avviso, aggira o viola tali precetti.
  • ØQualche perplessità desta anche la clausola di invarianza finanziaria, per effetto della quale l’attuazione del provvedimento in parola non dovrà prevedere nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato. Orbene, tenuto conto che non ci risultano avanzi di gestione sui capitoli di spesa 2731 e 2624 dai quali occorrerà prelevare i fondi per il funzionamento del programma di sorveglianza  e l’integrazione della strumentazione tecnica necessaria all’effettuazione degli accertamenti previsti dal medesimo programma, Le chiediamo di conoscere se e quali altri settori saranno oggetto di de-finanziamento.

Rileviamo, poi, che il modello organizzativo utilizzato non tiene conto della necessità di coinvolgere gli altri “attori della sicurezza”, quantomeno nella fase della “preparazione” e della “pianificazione”.

  • ØAncora una volta non possiamo che invocare le “linee guida” per segnalare che esse raccomandano (in fase di preparazione del modello organizzativo per le attività di promozione della salute) “…. di creare una task force che si occupi della pianificazione e attuazione della promozione della salute; alla task force dovrebbero partecipare tutti gli attori della prevenzione nei luoghi di lavoro”, nonché di “….. valutare le esigenze e le aspettative degli OCP (Operatori dei Corpi di Polizia) attraverso la conduzione di indagini mediante questionari, l’analisi dei dati a disposizione e l’organizzazione di gruppi tematici…”. Adempimenti dei quali non si rinviene traccia nel decreto a Sua firma, al pari della “verifica dei bisogni di salute della popolazione lavorativa a cui si rivolgono le attività di promozione …… e l’uso di questionari distribuiti a gruppi rappresentativi al fine di raccogliere ciò che è percepito come utile da parte dei lavoratori…”.[3]

In questo ambito, inoltre, non possono essere certo disattese (come invece ci sembra sia accaduto nel caso di specie) le raccomandazioni delle agenzie internazionali, in particolare l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute nei Luoghi di Lavoro.

Tra queste raccomandazioni segnaliamo, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, a) la partecipazione dei lavoratori al processo di miglioramento dell’organizzazione del lavoro e del proprio ambiente di lavoro; b) affrontare il problema dell’alimentazione sana sul lavoro offrendo informazioni sulla corretta alimentazione e garantendo una ristorazione aziendale adeguata; c) incentivazione all’attività fisica; d)sensibilizzazione sui rischi derivanti dal fumo con la possibilità di partecipare gratuitamente ai programmi di abbandono del fumo (cfr. pag. 268 Linee guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei corpi di polizia, editori P. Apostoli –A. Cristaudo – F.S. Violante).

L’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute nei Luoghi di Lavoro, infine, definisce i tre principi cardine delle attività della promozione della salute, evidentemente recepiti nelle più volte richiamate “linee guida” della SIMLII, che sono:

1. non ha senso attuare un programma di promozione della salute senza offrire, allo stesso tempo, un ambiente di lavoro sano e sicuro. L’health promotion si basa su una cultura della salute che richiede innanzitutto una gestione adeguata dei rischi;

2. la promozione della salute sul luogo di lavoro va al di là degli obblighi normativi e si basa sull’adesione volontaria di entrambe le parti;

3. la promozione della salute è efficace solo se costituisce un elemento stabile di tutti i processi organizzativi.

La conclusione a cui pervengono gli autori delle “linee guida”,  tra i quali figurano di due medici della Polizia di Stato, è la seguente: << il mancato rispetto di questi principi di base rende inefficace “a priori” qualsiasi intervento di promozione della salute>>.

 

Noi, nel nostro piccolo, siamo perfettamente d’accordo con loro e Le chiediamo:

 

alla luce delle evidenze sopra illustrate è ancora convinto che il Suo decreto sia in linea con i principi cardine ai quali afferma di essersi ispirato ?????

 

Conoscendo il Suo rigore intellettuale abbiamo ragione di ritenere che la Sua risposta sarà un bel NO!

 

In ultima analisi ci sia consentito di stigmatizzare anche la mancata rispondenza del “decreto” alla “filosofia” che ispira le “linee guida”, nella parte in cui esse suggeriscono un “…. approccio olistico checonsideri gli aspetti propri dei processi di lavoro e le situazioni relazionali presenti nella quotidianità anche al di fuori dell’ambito lavorativo …. per rimuovere non solo i rischi presenti sul lavoro ma anche quelli extra-lavorativi ….. con un adeguato investimento finanziario da parte dell’amministrazione in iniziative che consentano di mantenere in salute il personale (ad esempio attivazione di convenzioni per consulti con dietologi, con centri attrezzati per l’attività sportiva) ed, al tempo stesso, lo facciano sentire parte attiva, e non passiva, di un processo teso al perseguimento del benessere psico-fisico nella più ampia accezione del termine”.

Per tali ragioni Le chiediamo di valutare la possibilità di costituire un tavolo tecnico (la famosa task force prevista dalle “linee guida” SIMLII) che, senza alcuna tentazione dilatoria, individui gli aspetti normativi, regolamentari, ordinamentali, contrattuali e medico-legali nonché le conseguenti modifiche e/o integrazioni che, per un verso, dovranno costituire l’indispensabile e preliminare cornice nel cui ambito dovrà inserirsi un ben articolato e condiviso programma di sorveglianza sanitaria e, per l’altro, dovranno chiaramente prevedere, in caso di inidoneità, adeguate forme di tutela del personale, sia sotto il profilo professionale che economico.

Roma, 6 febbraio 2017

 

Il Segretario Generale

Valter Mazzetti

 



[1] Linee guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei corpi di polizia, editori P. Apostoli –A. Cristaudo – F.S. Violante- pag. 45 e 46

[2] Linee guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei corpi di polizia, editori P. Apostoli –A. Cristaudo – F.S. Violante- pag. 139

[3] Linee guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei corpi di polizia, editori P. Apostoli –A. Cristaudo – F.S. Violante- pag. 266 e 267

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